Saranno introdotti controlli severi contro l’allevamento, la caccia e il consumo di specie esotiche, ad eccezione dell’uso destinato alla medicina tradizionale.
Le origini della pandemia Covid-19 sono ancora oggetto di indagine, ma le autorità di Wuhan hanno annunciato ieri che il commercio e il consumo di animali selvatici saranno vietati per i prossimi 5 anni. La pressione globale nei confronti della Cina a proposito della questione dei mercati umidi è cresciuta particolarmente dallo scoppio della malattia, che ha visto la provincia di Hubei protagonista dallo scorso dicembre 2019. I primi casi di infezione erano stati individuati proprio tra i lavoratori dell’Huanan Seafood Wholesale Market, un mercato di Wuhan che coinvolgeva la vendita di numerosi animali selvatici, molti dei quali vivi – sono state identificate più di 30 specie tra cuccioli di lupo vivi, cicale dorate, scorpioni e zibetti.
La teoria più condivisa tra gli esperti è che il virus sia stato oggetto di uno “spillover zoonotico”, ovvero un salto da una specie animale all’altra, questione ampiamente associata ai mercati umidi tipici nel Paese. A febbraio era stato emesso un divieto temporaneo a livello nazionale mai adottato prima, che si estendeva all’intero settore di consumo di animali selvatici terrestri, comprese le specie esotiche allevate nelle fattorie. L’amministrazione di Wuhan ha ora dichiarato la chiusura degli allevamenti di tutti gli animali selvatici, con controlli severi e particolare attenzione anche alla caccia illegale. Le misure d’eccezione saranno valide soltanto per “ricerca scientifica, controllo della popolazione, monitoraggio delle malattie e altre circostanze speciali”. La città ha anche aderito ad un programma nazionale più ampio per riqualificare gli agricoltori occupati in questo genere di attività, per supportarne la transizione ad altre tipologie di allevamento o coltivazioni.
Mentre Wuhan annuncia il divieto temporaneo di 5 anni, altre province cinesi come Pechino, Shenzhen e Zhuhai si stanno muovendo verso il divieto permanente. Secondo Peter Li, specialista in politica cinese della Humane Society International, il divieto di Wuhan è un chiaro riconoscimento del rischio per la salute pubblica derivante dal commercio di specie selvatiche, che “deve essere preso molto sul serio per evitare un’altra pandemia”. Tuttavia, sottolinea Li, tra cinque anni non ci sarà un rischio meno grave di malattie, pertanto qualsiasi provvedimento che esclude il divieto permanente a livello globale non può garantire sicurezza a lungo termine. “Wuhan è la quarta città della Cina continentale a mostrare tale leadership, ma ora abbiamo bisogno di città e paesi in tutto il mondo per fare un passo avanti e chiudere il pericoloso commercio di animali selvatici”.
Articolo di Erika del 21 Maggio 2020 alle ore 17:38
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