Aumenta sempre più la vulnerabilità del nostro pianeta.
Il permafrost è un terreno tipico delle regioni polari e di alta montagna il cui suolo è perennemente ghiacciato. Secondo studi recenti a causa del riscaldamento globale non per molto resteranno ghiacciati se continuano ad alzarsi le temperature e se non riduciamo le emissioni di gas serra. Lo scioglimento del permafrost innescherebbe processi a catena che aumentano ulteriormente le temperature globali e la vulnerabilità stessa dell’intero ecosistema.
Continuando a riscaldarsi il pianeta, il permafrost tenderebbe a sciogliersi e andrebbe ad innescare una serie di processi di feedback positivi che farebbe ulteriormente aumentare le temperature.
Ma com’è possibile?
Il permafrost artico ad esempio in sé contiene un gran quantitativo di carbonio e metano. E’ stato stimato che se fondessero i suoli artici rilascerebbero in atmosfera 1700 miliardi di tonnellate di carbonio. Questi numeri non sono assolutamente trascurabili se consideriamo quali conseguenze hanno sul riscaldamento globale. E’ noto infatti che monossido di carbonio e metano sono entrambi gas serra e che un aumento della loro concentrazione in atmosfera, provocherebbe un ulteriore innalzamento delle temperature su scala globale. Aumentando le temperature inoltre, aumenterebbe la vulnerabilità del pianeta in quanto ad esempio aumenterebbe la frequenza e l’intensità di eventi estremi e i ghiacciai tenderebbero a sciogliersi più velocemente, innalzandosi il livello del mare a danno le zone costiere. Inoltre anomalie nelle precipitazioni potrebbero portare periodi di intensa siccità in alcune zone e abbondanti precipitazioni in altre, le quali potrebbero essere poste a rischio dissesto idrogeologico. Questo avrebbe forti ripercussioni sull’ecosistema, sulla società e sull’economia globale!
Volendo conteggiare i danni economici prodotti dall’aumento delle emissioni di gas serra, provocato dalla perdita del permafrost artico, alcuni scienziati britannici e statunitensi, tra cui l’economista Chris Speranza dell’Università di Cambridge e l’esperto in Scienze Polari Kevin Schaefer dell’Università del Colorado, dimostrano in un loro studio che il danno economico ammonterebbe a 43 trilioni di dollari americani. L’intenzione di dare un valore economico complessivo ai danni che provocherebbero i cambiamenti climatici futuri secondo gli scenari previsti dall’IPCC è un modo per far sì che i governi prendano sul serio il cambiamento climatico. Inoltre lo scioglimento dei suoli artici si sta già verificando, tant’è che in Artide lì dove prima i terreni erano congelati ora si possono osservare enormi quantità di vegetazione, quindi questo è un problema concreto dei nostri giorni!
Secondo gli esperti questi modelli previsionali scientifico-economici solleciteranno i governi a prendere decisioni più efficaci, dopotutto sebbene dovremmo principalmente preoccuparci dei danni socio-ambientali, il vero motore di ogni azione governativa è sempre il denaro.
Articolo di Giusy Fedele del 03 Luglio 2016 alle ore 15:19
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