Uno studio pubblicato di recente su Nature rivela un deciso rallentamento dei cicloni tropicali dal 1949 ad oggi. La diretta conseguenza di questo è un aumento della probabilità di precipitazioni intense e persistenti in un’area geografica ridotta, come accaduto con l’uragano Harvey nell’agosto 2017.
La velocità con cui si muovono i cicloni tropicali – una categoria che include tempeste tropicali e uragani – è diminuita di circa il 10% dal 1949 ad oggi. A rivelarlo è uno studio del Dr. Jim Kossin, esperto di uragani dell’Università del Wisconsin. La velocità di spostamento dei cicloni è ovviamente una quantità che varia notevolmente da un caso all’altro, ma considerando una media globale, il trend è evidente, come mostrato nel grafico sottostante.
L’entità del rallentamento varia a seconda dell’area geografica, ma è significativa in tutto il pianeta, come si vede nell’immagine qui sotto. I cicloni sembrano rallentare meno nell’Oceano Atlantico e nel Pacifico orientale, ma in America settentrionale non si può cantar vittoria. Quando ad essere considerata è la sola velocità di spostamento su terraferma, infatti, il rallentamento è ancora più evidente: 20% per i cicloni atlantici, 19% per i cicloni nella regione australiana e perfino 30% per i cicloni nel Pacifico nordorientale.
Si tratta purtroppo di una cattiva notizia, per via dei danni causati dal vento e dalla pioggia portati dai cicloni. Un ciclone più lento si sofferma infatti più a lungo sulle aree interessate dal suo passaggio, per cui le condizioni estreme di forte vento e pioggia battente persistono maggiormente, causando danni potenzialmente più seri. Naturalmente queste considerazioni valgono solo in media: l’effettiva quantità di pioggia scaricata, così come la durata delle condizioni di vento intenso dipendono da una quantità di fattori che variano enormemente da caso a caso.
Un esempio, anche piuttosto estremo, di ciclone tropicale “lento” viene subito in mente: l’uragano Harvey colpì duramente la città di Houston, Texas nell’agosto del 2017, scaricando localmente oltre un metro di pioggia in pochi giorni. L’immagine qui sotto mostra l’entità delle precipitazioni associate a Harvey, che trasformarono alcune strade letteralmente in fiumi. Harvey rimase quasi stazionario nei pressi di Houston per più di due giorni, cosa che contribuì all’ingente quantità di pioggia ricevuta dalla città texana.
Un pericolo ulteriore viene poi dal global warming, che si prevede incrementerà del 7% l’umidità atmosferica assoluta per ogni grado di aumento della temperatura globale. Questo potrebbe causare un ulteriore aumento degli accumuli di pioggia misurati localmente a causa dei cicloni tropicali. Quest’effetto si sommerebbe quindi a quello del rallentamento dei cicloni, mettendo in seria difficoltà le infrastrutture delle nostre città, che non sono concepite per resistere a tali quantitativi di pioggia ricevuti in breve tempo.
Articolo di Enrico Di Muzio del 24 Giugno 2018 alle ore 20:50
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