Nuova teoria spiega come si sono formate le placche tettoniche

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Sarebbero nate dal surriscaldamento della litosfera e la conseguente frattura della crosta terrestre.

La conoscenza umana sul tema del misterioso meccanismo delle placche tettoniche è ancora oggi piuttosto scarsa: come e quando si sono formate le placche tettoniche della Terra? Esiste un meccanismo simile sulla Luna? Un team di ricercatori provenienti da Cina, Hong Kong e Stati Uniti ha cercato risposte in un nuovo studio, che riconduce ad una teoria screditata decenni fa, ma che ora chiede di essere rivisitata.

Miliardi di anni di movimento tettonico e riciclo della crosta terrestre non hanno reso facile lo studio di questo meccanismo planetario, il cui inizio viene collocato in un periodo tra 3,3 e 4,4 miliardi di anni fa. Per capire come fossero le placche tettoniche inizialmente, alcuni anni fa i ricercatori avevano sviluppato un modello che ne simulava la nascita. Questo suggeriva che il processo di formazione fosse simile al movimento che le caratterizza solitamente, con alcune parti della crosta terrestre che scivolavano sotto le altre e iniziavano una reazione a catena durata millenni.

Il nuovo studio presenta un modello molto diverso, in base al quale miliardi di anni fa il guscio più esterno della Terra si sarebbe surriscaldato e avrebbe subìto un’espansione, provocando la frattura della crosta e quindi quelle che oggi conosciamo come placche tettoniche. “Qui utilizziamo modelli di gusci sferici 3D”, scrive il team nel nuovo documento pubblicato su Nature Communications, “per mostrare un meccanismo di frattura auto-organizzato analogo al sollevamento litosferico guidato dall’espansione termica”.

L’ipotesi dell’espansione della Terra non è del tutto nuova: nel 1800 un fenomeno simile fu proposto per spiegare la formazione di  alcune caratteristiche geografiche come le montagne. Tuttavia, alla scoperta della tettonica a zolle, la teoria fu screditata. Il nuovo scenario, però, si differenzia da quello presentato nell’era di Charles Darwin per il punto in cui la Terra si sarebbe espansa. “La risposta sta nella considerazione dei principali meccanismi di perdita di calore che potrebbero essersi verificati durante i primi periodi della Terra”, ha dichiarato Alexander Webb, scienziato planetario presso l’Università di Hong Kong. “Se l’avvento vulcanico, portando materiale caldo dalla profondità alla superficie, era la principale modalità di perdita di calore iniziale, ciò cambia tutto”.

La risposta si ridurrebbe a due opzioni possibili: la perdita di calore per conduzione – irradiandosi equamente su tutto il pianeta per un lungo periodo di tempo – o la fuoriuscita di lava e calore dai vulcani, dove l’accumulo di materiale raffreddato in superficie avrebbe potenzialmente affondato e raffreddato la litosfera, rallentando a sua volta i vulcani stessi insieme ad un raffreddamento globale. Questo fenomeno avrebbe intrappolato calore all’interno del pianeta, espanso la crosta e causato la frattura.

“I nostri esperimenti numerici mostrano che le fessure poligonali avrebbero potuto svilupparsi sulla superficie terrestre in risposta a processi litosferici superficiali, con triple giunzioni come sottoprodotti della frattura”, si legge nel documento. “Il rapido sviluppo della rete di fratture in ogni esperimento avviene a circa 1 km di espansione totale e dura circa 5 milioni di anni”.

Lo studio comunque resta un’ipotesi. La comprensione di ciò che ha formato e modificato la Terra primordiale è ancora molto lontana, ma più approfondimenti e simulazioni possono rivelarsi molto importanti per conoscere le caratteristiche uniche del nostro pianeta.

Articolo di Erika del 21 Luglio 2020 alle ore 18:19

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