Scioglimento dei ghiacci artici: perché dovrebbe preoccuparci?

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Nei giorni scorsi gli scienziati hanno riferito che l’estensione minima annuale dei ghiacci artici quest’anno è stata la seconda più bassa dall’inizio delle misurazioni satellitari nel 1979, con un valore notevolmente inferiore rispetto alla media – sebbene non abbia superato il record del 2012, ovvero al di sotto dei 4 milioni di chilometri quadrati. La riduzione media della calotta artica è stata del 14% ogni decennio: secondo i ricercatori, la tendenza attuale suggerisce che l’Artico potrebbe vedere la sua prima estate senza ghiaccio già nel 2035.

La riduzione del ghiaccio marino in estate è uno dei segni più inequivocabili del cambiamento climatico e il suo impatto negativo risulta lampante sei si osservano gli animali che popolano la regione artica, come gli orsi polari, che sono già in rotta verso l’estinzione. Ma in che modo lo scioglimento dei ghiacci artici avrebbe un impatto sulla popolazione globale? Perché dovrebbe preoccuparci?

Oltre all’innalzamento del livello del mare, esistono diversi motivi per essere preoccupati riguardo gli effetti a catena della perdita di ghiaccio marino artico. Secondo gli scienziati, il primo punto da sottolineare è che una calotta di ghiaccio che si restringe non è solo una conseguenza del riscaldamento globale, ma anche un fattore trainante.

“La rimozione del ghiaccio marino espone l’oceano scuro, che crea un potente meccanismo di feedback”, ha spiegato Marco Tedesco, geofisico presso l’Earth Institute della Columbia University. La neve fresca è in grado di riflettere l’80% della forza radiativa del Sole, ma quando questa viene a mancare, il blu intenso del mare assorbe circa la stessa percentuale di energia di riscaldamento della Terra. Trattandosi di un’area vastissima, gli effetti non sarebbero da poco. Basti pensare che rispetto all’estensione minima annuale media del periodo 1979-1999, la differenza oggi è pari al doppio della Francia, Germania e Spagna messe insieme.

Gli oceani hanno già assorbito il 90% del calore in eccesso generato dai gas serra prodotti dall’uomo, ma ad un costo terribile, tra cui l’alterazione chimica, enormi ondate di calore marino e barriere coralline morenti. Ad un certo punto l’effetto “spugna” degli oceani potrebbe semplicemente saturarsi, avvertono gli scienziati, generando degli effetti a catena che in qualche modo influenzerebbero anche gli esseri umani.

I cambiamenti nel ghiaccio marino sarebbero in grado anche di influenzare il complesso sistema climatico terrestre, che include correnti oceaniche interconnesse guidate dai venti, dalle maree e dalla circolazione termoalina. Quest’ultima è a sua volta alimentata dai cambiamenti di temperatura, pertanto la perdita di ghiaccio marino potrebbe interrompere questo grande “nastro trasportatore”, con effetti consistenti sul clima dell’Europa.

L’acqua dolce di fusione glaciale in Groenlandia è in grado di indebolire la Corrente del Golfo, spiega Xavier Fettweis, ricercatore associato presso l’Università di Liegi in Belgio. “Questa consente all’Europa occidentale di avere un clima temperato rispetto alla stessa latitudine del Nord America”. Inoltre, il deflusso di ghiaccio nella regione contribuisce direttamente all’innalzamento del livello del mare: soltanto l’anno scorso, la Groenlandia ha perso oltre mezzo trilione di tonnellate di ghiaccio marino, finito interamente in mare.

La perdita record è stata in parte dovuta alle temperature particolarmente alte – l’Artico risente maggiormente del riscaldamento rispetto al resto del pianeta – , ma anche al cambiamento delle condizioni meteorologiche. “Alcuni studi suggeriscono che questo aumento delle condizioni anticicloniche nell’Artico in estate derivi in parte proprio dall’estensione minima del ghiaccio marino”, ha detto Fettweis.

Per finire, entro questo secolo potremmo assistere alla scomparsa definitiva degli orsi polari, che secondo un recente studio pubblicato su Nature sarebbero condotti alla fame, a causa dell’impossibilità di cacciare nei mesi estivi per la mancanza di ghiaccio sufficiente. L’attuale traiettoria del cambiamento climatico e il susseguirsi di estati con sempre meno ghiaccio, che l’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) ha definito come inferiore a 1 milione di km quadrati, suggeriscono che le emissioni di gas serra in costante crescita condurranno inequivocabilmente la specie all’estinzione.

Articolo di Erika del 26 Settembre 2020 alle ore 16:17

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