Osservando alcune testimonianze della scia di distruzione lasciata dal percorso del Tornado che ha interessato mercoledì parte del Veneziano si rimane impressionati dalla potenza di questo fenomeno.
Vengono subito in mente gli scenari apocalittici caratteristici di alcune zone degli Stati Uniti (la cosiddetta Tornado Alley), dove niente e nessuno può scampare alla furia distruttrice di alcuni dei Tornado più intensi in tutto il mondo. Eppure, il confronto tra le due fotografie riportate è imparziale: nonostante la diversa intensità dei fenomeni in Europa e negli Stati Uniti, c’è da sottolineare come spesso la maggior parte degli edifici Americani abbiano strutture di legno, più economiche ma meno resistenti. Vedere quindi lo stesso scenario di distruzione anche al Nord Italia, dove la maggior parte delle case hanno solide fondamenta e strutture fatte di mattoni, fa una certa impressione e da un’idea della portata di questo fenomeno.
Un fenomeno non raro, ma che negli ultimi anni sta registrando un aumento dell’intensità associata ai pochi fenomeni registrati, almeno in Italia.
A mio avviso ci sono due aspetti fondamentali da sottolineare dopo questo episodio.
Il primo riguarda l’assoluta arretratezza della cultura meteorologica in Italia, effetto della mancanza di un sistema meteorologico nazionale e di una appropriata formazione universitaria, che porta un padre ed una figlia a improvvisarsi cacciatori di Tornado, rischiando di perdere la vita. Insieme alle fondamenta delle case distrutte, c’è bisogno di costruire nuovamente una cultura meteorologica nazionale, priva di sensazionalismi o nomi inventati, che permetta di sviluppare una consapevolezza individuale.
Il secondo riguarda l’adattamento (ma soprattutto, la resilienza), una strategia che dobbiamo mettere in atto al più presto per non essere travolti da un clima che, seppur lentamente e per cause che potrebbero non essere legate solamente all’uomo, sta cambiando. L’andamento della temperatura negli ultimi 50 anni ha seguito un trend pericolosamente positivo, soprattutto nella stagione estiva (vd. immagine sottostante). L’estate mediterranea si è velocemente trasformata in una stagione calda ed umida, dove massime oltre i 35°C sono la normalità. L’accumulo di aria calda equivale all’accumulo di energia, che può essere più facilmente liberata non appena vi è un innesco, ad esempio una bolla di aria fredda come quella passata nella giornata di mercoledì a nord delle Alpi.
Ecco perché il rischio che questi fenomeni diventino la normalità, come negli Stati Uniti, è sempre più vicino.
Articolo di Guido Cioni del 10 Luglio 2015 alle ore 14:28
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